Mettiti al riparo. Ti amo.
Take shelter. I love you.
[EN] “Take Shelter. I Love You” invites reflection on the importance of relationships and intergenerational connections as an antidote to indifference and isolation.
Around a shared table, the audience actively participates, transforming the experience into a political and human dialogue. The ambition is to dare an intimate connection that can remind us of the intertwining of our stories with history, helping us to counter indifference and generate meaningful relationships in uncertain times. “Take Shelter. I Love You” is both a participatory creation and a call to action: Stop with the confusion over the term LOVE.
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From birth to the last day, relationships, intimacy, and touch are essential for humans. “Take Shelter. I Love You” addresses age and sexuality prejudices and crucial issues such as anti-ageism and the fight against violence, emphasizing the importance of intergenerational relationships and intimacy as antidotes to indifference and isolation.
Geriatrician Bill Thomas defines the “Tyranny of Still” as the phenomenon where we convince ourselves that everything will be fine as long as we keep working, climbing stairs, wearing heels, and so on. But nothing stays the same forever. Ashton Applewhite reminds us that “Not dealing with aging is a way of not dealing with living.” In fact, the awareness that life has a limited duration fills the present with meaning, shaping our response to life and providing the basis for personal codes of conduct and broader ethical systems.
The obsession with youth is deeply rooted in our society, which views aging as something to avoid at all costs. The media often omits representations of old age, a phenomenon known as “symbolic annihilation,” reflecting the distribution of power in society. This lack of representation makes it easier to erase the very idea of the physical and sexual presence of older people. The image industry supports the idea that sex and, more generally, intimacy is reserved for young and strong bodies, making the discussion of elderly sexuality taboo. Paradoxically, those who intend to talk about it become transgressive. Therefore, “Take Shelter. I Love You” moves instead into a poetic and delicate terrain, searching the past to imagine the future, without rupture, as if its language were already natural, its mode of relationship already among us.
The performative action is inspired by authentic conversations that took place around a set table in meetings between elderly women and then between them and a group of adolescents, exploring the unexpected connections between two vast and delicate themes: intimacy and defeat. These meetings, in their methods and participation, recalled and honored the feminist practice of consciousness-raising groups, places capable of transforming intimate experience into a political matter, where one can break out of isolation, self-educate in listening, silence, and waiting.
The audience is an active part of the experience, invited to share a set table, stories, and recipes, to handle and eat the same material, human, alimentary, concrete, and symbolic at the same time.
The ambition of “Take Shelter. I Love You” is to dare an intimate connection that can remind us of the intertwining of our stories with History, helping us to counter indifference and generate meaningful relationships in uncertain times. The goal is to rally around a call to action: Stop with the confusion over the term LOVE
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[IT] “Mettiti al riparo. Ti amo” invita a riflettere sull’importanza della relazione e delle connessioni intergenerazionali come antidoto all’indifferenza e all’isolamento. Attorno ad una tavola condivisa, il pubblico partecipa attivamente trasformando l’esperienza in un dialogo politico e umano. L’ambizione è quella di azzardare una connessione intima che possa ricordarci l’intreccio delle nostre storie con la Storia, che possa aiutarci a contrastare l’indifferenza e generare relazioni significative in tempi di incertezza.
“Mettiti al riparo. Ti amo” è una creazione partecipativa e al tempo stesso una chiamata all’impegno: basta – davvero, basta – confusione nel termine AMORE.
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Dalla nascita fino all’ultimo giorno, la relazione, l’intimità, il tocco sono essenziali per gli esseri umani.
“Mettiti al riparo. Ti amo” affronta i pregiudizi legati all’età e alla sessualità e temi cruciali come l’anti-ageismo e la lotta contro la violenza, sottolineando l’importanza delle relazioni intergenerazionali e dell’intimità come antidoti contro l’indifferenza e l’isolamento.
Il geriatra Bill Thomas definisce “Tyranny of still” il fenomeno per cui ci convinciamo che tutto andrà bene finché ancora lavoreremo, faremo le scale, indosseremo i tacchi, e così via.
Ma niente rimane lo stesso per sempre. Ashton Applewhite ci ricorda che «Not dealing with aging is a way of not dealing with living». Infatti, la consapevolezza che la vita ha una durata limitata nel tempo riempie di senso il presente, plasmando la nostra risposta alla vita e fornendo le basi per i codici di condotta personali e i sistemi etici più ampi.
L’ossessione per la giovinezza è profondamente radicata nella nostra società, che guarda all’invecchiamento come qualcosa da evitare a tutti i costi. I media spesso omettono rappresentazioni dell’anzianità, un fenomeno noto come “annichilimento simbolico”, che riflette la distribuzione del potere nella società. Questa mancanza di rappresentazione rende più facile eliminare l’idea stessa della presenza fisica e sessuale delle persone anziane. L’industria dell’immagine sostiene l’idea che il sesso e più in generale l’intimità sia riservata ai corpi giovani e forti, rendendo la discussione sulla sessualità degli anziani un tabù e diviene paradossalmente trasgressivo chi invece intende parlarne. Per questo in “Mettiti al Riparo, Ti amo” si muove invece in un terreno poetico e delicato, cercando nel passato per prefigurare il futuro, senza rottura, come se fosse già naturale il suo linguaggio, già tra noi la sua modalità di relazione.
L’azione performativa si ispira a conversazioni autentiche avvenute attorno ad una tavola imbandita in degli incontri tra donne anziane e poi tra loro e un gruppo di adolescenti, ricercando le inattese connessioni tra due vaste e delicate tematiche: l’intimità e la disfatta.
Questi incontri nelle modalità e nella partecipazione hanno richiamato alla mente e onorato la pratica femminista dei gruppi di autocoscienza, luoghi in grado di trasformare un’esperienza intima in una faccenda politica, in cui poter uscire dall’isolamento, in cui ci si auto educa all’ascolto, al silenzio e all’attesa.
Il pubblico è parte attiva dell’esperienza, chiamato a condividere una tavola imbandita, racconti e ricette, a maneggiare e mangiare la stessa materia, umana, alimentare, concreta e simbolica allo stesso tempo.
L’ambizione di “Mettiti al Riparo. Ti amo” è quella di azzardare una connessione intima che possa ricordarci l’intreccio delle nostre storie con la Storia, che possa aiutarci a contrastare l’indifferenza e generare relazioni significative in tempi di incertezza.
L’obiettivo è quello di stringerci attorno a una chiamata all’impegno: basta – davvero basta – confusione nel termine AMORE.
Concept: Caterina Moroni
Production Assistant: Luisa Contessa
Original song: “Bastava solo” by Antonio DonGocò Turano and Libberà
With: Vanna Carmignani, Anna Castellani, Frida Cucchiaroni, Maria Rita di Mauro, Elisabetta Moriconi, Gloria Negro, Paola Palazzoli, Laura Satolli, Maura Satolli, Nicoletta Sinibaldi, Simonetta Zucchetti
With the support of: C.U.R.A. – Centro Umbro Residenze Artistiche, Indisciplinarte, Associazione Demetra, Casa delle Donne di Terni.
Highly interactive participatory performance / food presence
Duration: 90 minutes
Recommended age 14+
Download:
Article published in roots§routes, Independent Magazine of Visual Culture
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